Con Andrea Bosca
Di Cesare Pavese
Nel viaggio alle origini, alla ricerca delle radici dove si nasce e dove si muore, la realtà si fonde con la memoria e una parlata viva e vera si innesta, come fosse una vite nuova, nei tagli freschi della poesia.
“Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese?” Anguilla è tornato da Genova, dall’America, dall’Altrove. Anguilla il bastardo cresciuto garzone, che fattosi uomo ricerca la terra, le piazze, le facce di allora.
Ma il passato si muove. E mai rassicura. Perché “tutto è cambiato eppure uguale” a Canelli, sulla Langa e nella valle del Belbo. “E sulle colline il tempo non passa”.
L’intuizione di dare corpo a tre ruoli porta la scena a vivere qui e ora, alla confidenza di Anguilla occhi negli occhi col pubblico e a ad una dinamica in cui i tre personaggi coesistono continuamente, ricreando lo spazio e aprendo la scena ad un controcanto di azioni legate dal filo simbolico dell’immaginazione, proprio come i capitoli di Pavese sono uniti dalla forza lirica della sua scrittura.